Il pensiero

Tratto da Pietro Grossi Maestro di eleganza e radicalità, di Roberto Barbanti, in Avventure con suono e segno, a cura di Albert Mayr, Associazione Pietro Grossi * AlefBet, Firenze, 2011

“Pietro Grossi è stato sicuramente uno dei musicisti e degli artisti più innovatori del panorama artistico del secondo dopoguerra. La sua proposta estetico-artistica fu e rimane, in effetti, di una inedita radicalità ed al contempo di grande eleganza e complessità.

Con Grossi l’arte e la politica si uniscono sul piano più elevato di una compenetrazione pressoché compiuta poiché il suo progetto estetico, musicale e artistico così come pedagogico e sociale, prefigura una dissoluzione dell’arte in un processo di creatività diffusa. L’assunto fondamentale del Maestro era che l’arte, grazie ai nuovi mezzi tecnici, può finalmente essere alla portata di ogni individuo il quale oltre che ispiratore-produttore delle proprie opere diviene anche loro spettatore poiché queste sono, in realtà, affidate alla precisione e alla creatività delle macchine computazionali.

Le sue battaglie contro l’interprete, la manualità, l’espressione, il virtuosismo erano basate sulle possibilità offerte dalla tecnica, e sul desiderio di condurre finalmente a termine una fase storica lunga di secoli, considerata oramai sorpassata, fatta di costrizioni rese necessarie dall’apprendimento della musica e di uno strumento. La sua opposizione a quello che considerava uno spreco di tempo e di energie – a far scale, arpeggi e studi tecnici – era notoria e dichiarata.

 

Pietro Grossi, nella sua capacità coerente di legare aspetti disciplinari diversi, nella sua chiarezza e apertura didattica, nella sua indifferenza alle lusinghe delle mode e delle mondanità, così come nelle sue opere essenziali e senza concessioni…nel primato della musica algoritmica e della telematica musicale, ma anche nel suo minimalismo ante litteram o ancora nella prefigurazione dello spirito citazionista e hacker del campionamento, ha saputo identificare e indicare dei processi inediti, al contempo storico-sociali ed estetico-musicali.”

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“La musica è giunta oggi a una radicale svolta della sua storia, della sua esistenza, del suo sviluppo. È al suo ‘istante zero’: e per istante io intendo un periodo di tempo che può durare anche un secolo o due, cioè un ‘istante’ nella storia della società e della musica. Questa è la mia convinzione, in seguito all’attività che sto svolgendo con il calcolatore, o per meglio dire al terminale.”

“Sono un musicista (violoncellista e compositore); da circa vent’anni mi occupo di computer music, cui sono giunto dopo un periodo di sperimentazione nel campo della musica elettronica. E devo dire che ho fatto scoperte molto interessanti, perfino sconcertanti per la loro novità. Traggo deduzioni dalle mie personali esperienze, che non costituiscono necessariamente verità assolute. E noto che a tutt’oggi l’attività musicale è di natura manuale, artigianale. Artigianato, se si vuole, a altissimo livello, ma sempre artigianato che richiede, per produrre risultati, una notevole fatica dell’uomo: quando una persona si accinge a studiare uno degli strumenti che io chiamo ‘inerti’ – rispetto a quelli ‘operanti’, automatici – deve sottoporsi a un duro tirocinio e non ha neppure la certezza di raggiungere lo scopo che si è prefisso.”

“Con gli strumenti ‘operanti’, oggi, ciascuno di noi è in grado di creare da sé, in casa sua, la propria musica. Il mondo musicale che abbiamo conosciuto fino a oggi, con la sua ritualità, con i suoi vincoli, con le sue esclusioni e selezioni, con il suo dislivello tra ascoltatore, creatore e dispensatore di musica dovrà ormai trasformarsi radicalmente.”

“Oggi l’esecuzione manuale può non avere nessun senso. Per ottenere un buon esecutore tradizionale dobbiamo selezionarne centinaia di migliaia, secondo un processo di eliminazione a piramide, finché troviamo quello che può soddisfarci. Ma con il computer – anche con un home computer, ce ne sono alcuni che lavorano a otto o anche a sedici voci – ciascuno di noi oggi può eseguire a suo piacimento brani musicali precedentemente memorizzati. È un’esperienza che io compio ogni giorno: vado al terminale ed eseguo come voglio La sagra della primavera o un Capriccio di Paganini o la Rhapsody in Blue di Gershwin, e così via. Questa è una condizione nuova: mi libera dall’esecutore.

Questa condizione la vivo ancora a livello personale, ma ritengo, con questo, di avere cominciato a vivere l’epoca a venire della musica.

“Con Toscanini si conclude l’apporto, d’importanza indubbiamente fondamentale, dato storicamente alla musica dal direttore d’orchestra. La concezione interpretativa di questo grande maestro, rigorosa, pura, improntata ad un classicismo esecutivo di marca mediterranea e tesa alla ricerca espressiva dello spirito della pagina attraverso la perfezione esecutiva di ogni parametro musicale, lo rende ancora oggi vivo, moderno, insuperato. I limiti dell’interprete, auspicati da compositori e teorici, hanno trovato in lui il più grande sostenitore e l’impareggiabile realizzatore. Pure essendo lontano da una posizione del tutto oggettiva egli ha ribadito l’assoluta necessità di rivolgere il più attento sguardo alla musica tenendo soprattutto alla perfezione esecutiva ed eliminando tutte le possibili incrostazioni, spesso parassitarie, di estrazione extra-musicale. Egli ha superato dunque, con un balzo geniale e profetico, i suoi più illustri contemporanei.”

“È forse azzardato affermare che dopo Toscanini il grande amore per la musica, manifestato nella ricerca delle peculiarità più riposte in essa, è stato ereditato da coloro che operano negli studi di fonologia musicale?! Come altrimenti potrebbe continuare il cammino verso ulteriori mete?”

“Eventi e situazioni maturano secondo un processo storico che è irreversibile. L’automazione ha messo in crisi ogni attività di carattere artigianale: così oggi è precluso all’esecutore musicale un ulteriore incisivo cammino in sede fonica e interpretativa. Si ha l’impressione che la carica spirituale e geniale dei grandi direttori – Toscanini di gran lunga in testa per la sua intuizione – e dei più illustri solisti possa essere trasmessa soltanto alle nuove e più attuali energie pulsanti nei laboratori.”

“La vita musicale del XX secolo ha incontrato nel suo cammino problemi fondamentali e improcrastinabili sui quali gli addetti ai lavori, i musicisti, hanno dovuto impegnarsi con tutto il loro ingegno. L’imperante necessità di trasformazione, accelerata dalla pressione del rapido mutamento della società in cui lo sviluppo tecnologico porta tutto il suo peso, ha imposto la revisione di ogni momento operativo musicale sia esso creativo, didattico, esecutivo, analitico, organizzativo”.

“E tra i problemi di particolare interesse per i compositori si annoverano quelli fonici, di sostanza e di forma. In relazione a quest’ultimo argomento la presente nota vuol mettere in evidenza un possibile strumento di lavoro suggerito dalle discipline matematiche, il calcolo combinatorio.

La sua applicazione nello sviluppo di insiemi di parametri fonici, di suoni, di strutture musicali complesse e in altri casi in cui il musicista lo ritenga necessario, può essere ausilio per ideare, costruire, controllare edifici sonori sorretti da nuove logiche formali.”

“’Contemplazione’ dell’evento sonoro. Certamente, la realizzazione di quei suoni mi interessava di per sé, a prescindere da qualunque altro elemento. E poi mi piaceva che una cosa cominciasse e finisse, secondo un determinato criterio di organizzazione. In seguito ho tenuto due strade: quella organizzatissima, determinata dal calcolo combinatorio e quella aleatoria che, secondo me, è predeterminata lo stesso, anche se non si conosce il tipo di predeterminazione. I numeri a caso non esistono, dicono gli esperti, sono tutti numeri pseudo-casuali. Nulla è casuale…almeno così sostengono i matematici, i teorici.

Ma soprattutto sono innamorato del suono in sé; l’hanno notato anche altri, e su questo hanno detto che avevo un atteggiamento ‘mistico’”.

“Sembra ormai prossima l’epoca in cui una sola generazione di uomini potrà produrre musica per decine, forse centinaia, di successive generazioni. Questa affermazione può apparire incredibile, stupefacente e venata di fantascientismo. Essa non è, invece, che la naturale conclusione di osservazioni, esami, e valutazioni attuali e realistiche circa le possibilità d’impiego per fini musicali dei mezzi più recenti messi a disposizione del musicista dal progresso scientifico.”

“Qual è dunque il mezzo che può sconvolgere dalle radici l’attività musicale? Il calcolatore elettronico. Uno strumento oggi presente e operante e che può annoverarsi, almeno fino ad ora, tra i più preziosi e rivoluzionari mezzi di cui l’uomo dispone, forse a livello di quella che fu la rivoluzione del fuoco o della ruota.”

“Pensiamo ad un fatto: io, nel 1967, un certo giorno, ho fatto eseguire un Capriccio di Paganini e immediatamente dopo l’ho variato grazie ad un semplicissimo programma di computer. Nel Capriccio i dati erano di due tipi: frequenze e durate. Bastava inserire nel programma due valori numerici che rappresentavano dei coefficienti moltiplicativi, e si potevano cambiare i due parametri come si voleva. Dal momento della codifica, di quel materiale si poteva fare quello che si voleva.

Se da allora ad oggi avessimo lasciato suonare sempre quel calcolatore, avrebbe fatto elaborazioni continuamente diverse dal testo che aveva ricevuto, miliardi di elaborazioni diverse. Si può quindi oggi pensare di partire con un singolo suono e di lì, per tutta la vita, avere un messaggio diverso, senza muovere un dito e magari partendo da una cellula qualsiasi o da qualche elemento musicale del passato, Bach, Stravinsky, Stockhausen, non ha più importanza. La vita dell’uomo certamente cambiata: si vedrà come.”

“Il computer ci dà la musica in ‘tempo reale’ [il tempo di calcolo e il tempo di esecuzione musicale sono sovrapposti o comunque alternati in modo che il primo sia trasparente all’ascoltatore]: questa la novità indubbiamente scioccante che esso ci offre. Attraverso i terminali, strumenti estremamente semplici per quanto ne concerne l’uso – e che sono oggi alla portata di tutti, se non di famiglia come saranno in futuro, almeno delle istituzioni – ognuno oggi è in grado di programmare, produrre, ascoltare musica con un’ampiezza di scelte che non ha confronti.”

“Queste straordinarie possibilità, i cui limiti attuali sono destinati ad essere rapidamente superati dall’evoluzione degli studi, rendono sempre più anacronistico l’atteggiamento di chi, per fruire della musica, deve dipendere dalle scelte degli altri; al limite liberano dalla musica degli altri. Ci si trova di fronte al fatto nuovo che viene offerta la possibilità di operare nel campo della musica ad un elevatissimo numero di aspiranti, data l’elementarità dei mezzi con cui si può ottenere la musica.”

“Continuavo ad avere la tendenza a pensare alla musica infinita, che era già ipotizzabile con gli strumenti elettronici esistenti e che cercai di realizzare, almeno sottoforma di frammenti.

Si ottenevano i risultati più incredibili, si dominava l’informazione a piacimento. Realizzato un lavoro, questo poteva essere rielaborato in centinaia di migliaia di modi. Dunque l’idea che avevo avuto di trasformazione infinita delle informazioni registrate nei nastri che ricevevo da tutto il mondo durante il periodo dell’S 2F M poteva essere applicata in modo ancora più evoluto con il computer.

Mettevo in discussione il concetto di opera conclusa, intangibile.”

“La Unending Music, o ‘musica senza fine’, un’idea che avevo in mente da molto tempo, è riferita a quelle elaborazioni computazionali che possono procedere all’infinito senza ripetizioni… Mi piaceva l’idea di non finire mai di produrre suoni e scoprii che il computer mi poteva aiutare egregiamente: una sorta di ‘moto perpetuo’ informatico. I lavori di questo tipo che ho realizzato e che possiamo ascoltare oggi registrati, sono ovviamente da considerarsi dei frammenti.”

“Io utilizzavo eventi su nastro magnetico per realizzarne altri. Era in un certo senso la continuità di un certo tipo di operazione musicale (le variazioni di Brahms su Paganini, di Beethoven su Diabelli, ed altro) sennonché fatta con mezzi diversi, a livello un po’ diverso, un po’ più spregiudicato, un po’ più libero, ma era comunque un’operazione legittima.

Da tutto questo scaturì l’idea di ‘anonimato musicale’, ovvero della presentazione delle opere musicali senza autore sotto la sigla dello studio.

Pensai che era inutile mettere il nome nei lavori, dato che quelli che venivano fatti potevano considerarsi sia opere sia materiale e quindi potevano essere etichettate con sigle alfanumeriche.

Non so perché volli ‘buttar via’ il nome dell’autore. Dissi: ‘E’ inutile dare il nome; io produco un nastro con dei suoni, fatene quello che volete!’.

Tutto questo mette sicuramente in discussione il concetto stesso di autore, la personalità dell’autore nel lavoro artistico. Il lavoro esiste, però diventa uno dei tanti ‘lavori’ che si possono fare con quel materiale di partenza. Oggi c’è la possibilità di trasformare tutto, quindi tutto diventa provvisorio e può cambiare in ogni istante.”

“Suggerita dal personal computer, porta al più elevato grado di autonomia decisionale oggi concepibile le aspirazioni e le possibilità artistiche latenti in ognuno di noi.

La casa, lo spazio personale, la privacy, possono esser forgiate e riforgiate secondo i dettami della fantasia personale e con l’ausilio di quella ‘artificiale’. L’impiego ‘amichevole’ del personal è un sufficiente stimolo all’azione e più lo sarà la condizione operativa del futuro.

Lo slogan ‘il computer ci libera dal genio altrui ed accresce il nostro’ è dunque sotto attenta verifica.”